venerdì 20 marzo 2009

I Gods of Metal di Bologna dell' anno scorso ci hanno fatto sognare un bel pò, Iron Maiden, Judas Priest, Slayer (poi ci sarebbe quella storia di Frate metallo, ma lasciamo stare...) e quest' anno, sebbene i gruppi non siano personalità come quelle di Bologna 2008, dovrebbero promettere bene. L'evento si svolgerà il 27 e 28 Giugno a Monza (Stadio Brianteo) e vedranno protagonisti alcuni artisti come Slipknot, Heaven and hell, Motley Crue, Dream theater, Blind guardian, Carcass, Tarja, Epica, Voivod, Tesla, Paul Gilbert, Cynic, Napalm death. In quiei giorni, io ed il mio collaboratore, Vito, ci occuperemo dell' evento pubblicando video, recensioni, news interviste e quant' altro sarà disponibile da Monza. Noi, da buoni metallari non vediamo l'ora, daltronde la line-up di quest'anno non è male, no?
lunedì 16 marzo 2009

Avete davanti agli occhi la prima recensione di questo blog dedicata a un album storico del passato.
Ho deciso che d'ora in poi ogni cinque recensioni, una sarà su un grande album che ha fatto la storia dell'hard 'n' heavy. E poi il mio collaboratore, nonché fondatore del blog, Daniele, ha appena comprato questo CD, così mi è venuto in mente di recensirlo anche per accompagnarlo nell'ascolto.
Ma prima un po' di storia.
I Pantera nascono nel 1981, fondati dai fratelli Abbott (Vinnie Paul – Batteria e “Dimebag” Darrell – Chitarra). Nel 1982 si aggiungerà anche il bassista Rex.
Dal 1981 al 1987 si cimentano, con vari cambi di line up, con un Glam Rock di stampo anni '80 senza infamia e senza lode, passando praticamente inosservati agli occhi del grande pubblico.
Nel 1989 pubblicano col cantante Phil Anselmo “Power Metal”, ennesimo album Glam, che però svetta sui loro lavori precedenti, pur non essendo un capolavoro.
Tuttavia dal 1983 in giro per l'America inizia a diffondersi un nuovo genere, il Thrash Metal, di cui uno dei gruppi di maggior spicco furono i Megadeth. Nel 1990 Dave Mustaine, leader dei Megadeth, invita Darrell ad entrare nella sua band come chitarrista. Darrell insiste per far entrare nella band anche suo fratello Vinnie, ma Mustaine ha già scelto Nick Menza per ricoprire il ruolo di batterista. Darrell allora rifiuta ed è Marty Friedman ad entrare nella band al posto suo.
Dopo aver girato il mondo in cerca di una etichetta e dopo essere stati scartati per ben 28 volte, i nostri eroi vengono notati dalla ATCO records, una divisione della Warner Music, che fa loro incidere il loro debutto per una label maggiore.
24 Luglio 1990: “Cowboys From Hell” è sugli scaffali dei negozi. Ma stavolta non si parla di capelli cotonati e di lustrini, ma di un capolavoro del Thrash Metal, o del Groove Metal, le opinioni sono discordanti. L'album contiene 57 minuti e 29 secondi di furia omicida che vi travolgeranno dalla prima all'ultima nota. Analizziamo il disco.
Premiamo play e un riff metallico looppato ci introduce a uno dei capolavori immortali presenti qui dentro: “Cowboys From Hell”. Si nota subito lo stile di chitarra di Dimebag, originale, massiccio e carico di groove (ecco perchè groove metal). E' il pezzo più famoso dei Pantera. Inutile descriverla, è un capolavoro, sentitevela da soli.
“Primal Concrete Sledge” vi investe come un tir impazzito. Due minuti di furia e velocità che vi si marcheranno a fuoco nel cervello.
“Psycho Holyday” vi 'fucila' e vi porta giù fra le sue spire metalliche per il terzo episodio praticamente perfetto dell'opera.
“Heresy” si apre con un riff malatissimo che sfocia ben presto in una mazzata sulle gengive. Memorabile l'acuto finale di Anselmo.
E' la volta della semi ballad “Cemetery Gates”, dal sapore molto moderno e dal finale alquanto galvanizzante: un duello voce/chitarra da togliere il fiato.
Ed eccoci al vero capolavoro dell'album. “Domination” è una canzone perfetta, sorprendente, carica di energia che parte come un normalissimo speed thrash solo per sfociare in un riff dalla cattiveria indescrivibile che vi farà scuotere il capoccione a ritrmi forsennati. Diciamo che questa canzone è un valido motivo per farsi crescere i capelli.
“Shattered” arriva come un treno e se ne va come un treno. Occhio ad attraversare, ci potreste rimanere secchi!
“Clash With Reality” ha un riff avvolgente e caldo. Ovviamente mi riferisco al calore del metallo bollente. Doppia cassa a manetta e fanculo tutti.
“Medicine Man” inizia in sordina per cogliervi alla sprovvista col suo ritmo quasi sincopato.
“Message In Blood” è l'incarnazione della violenza. Semplicemente allucinante arricchita dai fantastici armonici di Darrell.
“The Sleep” è un trip. Un viaggio. Riff sincopatissimo e ritornello da cantare ubriachi.
Eccoci purtroppo alla fine con la fantastica “The Art Of Shredding”. Doppia cassa, riff indescrivibilmente bello, basso che pompa e Anselmo in stato di grazia.
I Pantera rilasceranno altri cinque album (“Vulgar Display Of Power”, 1992; “Far Beyond Driven”, 1994; “The Great Southern Trendkill”, 1996; “Official Live 101 Proof”, 1997; “Reinventing The Steel”, 2000) per poi sciogliersi a causa dei dissapori con Anselmo.
Nel 2004 i fratelli Abbott fondano i Damageplan, con cui rilasciano l'album “New Found Power”, che si dimostra la continuazione ideale dei Pantera.
La tragedia arriva l'8 Dicembre del 2004, mentre i Damageplan si esibivano all'Alrosa Villa a Columbus, Ohio. L'ex marine Nathan Gale (25) sale sul palco e uccide con diversi colpi di pistola in testa Dimebag Darrell (38), solo 30-40 secondi dopo l'inizio del concerto. Prima di essere ucciso dal poliziotto James Niggemeyer, questo folle uccide anche un fan, Nathan Bray (23), un impiegato del club, Erin Halk (29) e un membro della security Jeff Thompson (40) e ferisce il tecnoco della batteria John Brooks e il tour manager Chris Paluska.
Fine dei Damageplan. Fine dei Pantera. Fine di uno dei più grandi chitarristi dei nostri tempi.
Dimebag fu sepolto accanto a sua madre, nel Moore Memorial Gardens Cmetery di Arlington Texas. Nella sua bara si trova anche la storica chitarra originale del tour del secondo album dei Van Halen, donata da Eddie Van Halen in persona. Zakk Wylde (chitarrista di Ozzy Osbourne, fondatore dei Black Label Society e grande amico di Dimebag) durante un intervista per il documentario della VH1 sui Pantera, dichiarò che se Dimebag avesse saputo che sarebbe stato sepolto assieme a quella chitarra, avrebbe detto “uccidetemi subito”.
Hai rivoluzionato il metal che tanto amiamo, ci hai donato tutta la tua energia e chissà dove saresti potuto arrivare col tempo: Dimebag, vivrai per sempre nei cuori di tutti i tuoi fans.
Il Re è morto. Lunga vita al Re.
domenica 15 marzo 2009

Ancora 2008, ancora una grande band, ancora un ritorno ed ancora fottutissimo Rock 'n' Roll vecchio stile. Stiamo parlando di “Motorizer” (che fantasia...) degli immortali Motorhead. Lemmy (che per chi non lo sapesse suona il basso e canta...ma se non lo sapete siete degli indegni) è Dio e in questo disco lo conferma per l'ennesima volta. Voglio dire, il loro primo album risale al 1977: ora siamo alla DICIANNOVESIMA prova in studio e il tempo sembra ancora congelato nel loro periodo d'oro di creatività. Mikkey Dee, dietro le pelli, è la solita macchina di precisione, così come Phil Campbell, alla chitarra. Ma seguiamo lo stile Motorhead. Basta chiacchiere e arriviamo al sodo.
“Runaround Man” è stata definita dallo stesso Lemmy, durante la puntata dell'11 luglio dello show radiofonico di Bruce Dickinson “BBC 6 Music”, “Nonsense set to an infectious beat” (“nonsense sparato a un ritmo sfrenato”). E come dargli torto?
“(Teach You How To) Sing The Blues” è ancora uno sporchissimo blues 'n' roll di stampo motorheaddiano.
“When The Eagle Screams” è caratterizzata da un mid-tempo da spararvi a tutto volume nelle orecchie.
“Rock Out” è l'episodio migliore dell'album! Una canzone indimenticabile, trascinante, originale e chi più ne ha più ne metta! “Rock out with your cock out!” (questa non ve la traduco).
“One short life” è ancora blues elettrico all'ennesima potenza. Riff di granito puro e groove trascinante.
“Buried alive” è di livello minore rispetto alle canzoni precedenti, ma comunque buona.
“English Rose” è l'ennesimo pezzo riuscitissimo di rock 'n' roll, anche se personalmente mi ha richiesto più di un ascolto per essere goduta appieno.
Mentre scrivo ascolto “Back On The Chain” e non riesco ad evitare l'headbanging.
“Heroes” invece è proprio brutta. Evitabile ad occhi chiusi. Tratasi di pseudo-ballad moscia e senza grinta.
Con “Time Is Right” si torna a volare altissimi sputando sulle teste di quelli che si sorvolano. Il pezzo lo richiede.
“The Thousand Names Of God” parla, a dispetto del titolo, dei soldati mandati in guerra non per una causa, ma per il profitto. Peccato che non sia così riuscita musicalmente.
Così si chiude l'ennesimo grande album di Lemmy e soci. E se ne volete ancora, conoscendo il nostro eroe, il prossimo album dovrebbe uscire nel 2010. Nel frattempo “Rockeggiamo col ca**o di fuori”!!!

Dopo ben cinque anni di assenza dalle scene tornano i mai troppo lodati Symphony X con l'album “Paradise Lost”. Una carriera costellata di grandissimi album che purtroppo non sono bastati per portare la luce dei riflettori su questa fantastica band. Superati, per il momento, i problemi di salute del bassista Michael Lepond (morbo di Crohn, una malattia infiammatoria cronica dell'apparato digerente), i Symphony X ci regalano un album di progressive power metal melodico che regge senza difficoltà il confronto con i vecchi classici (su tutti “The Divine Wings Of Tragedy” del 1997). Che il chitarrista Michael Romeo fosse un genio lo si sapeva, ma stavolta ha superato addirittura ogni rosea aspettativa nelle sue composizioni. La voce di Russell Allen sembra migliorare col passare degli anni, mentre Lepond, Michael Pinnella (tastiere) e Jason Rullo (batteria) restano come sempre impeccabili nelle loro esecuzioni.
“Oculus ex Inferni” apre le danze con i suoi versi in latino e i suoi cori evocativi della mitologia che tanto amiamo.
“Set the world on fire” parte in sordina per diventare uno tsunami di metallo che non mancherà di travolgervi.
“Domination” inizia con un riff di basso stupendo cui segue una batteria allucinante ed un riff allucinato, forse uno dei migliori mai partoriti dalla band (che col passare degli anni irrobustisce sempre di più il suo sound, senza mai scadere nel banale).
“The serpent's kiss” decreta la cacciata dal paradiso con un altro riff indimenticabile ma con una struttura più lenta e ragionata.
“Paradise lost” è la classica traccia 'lenta' alla Symphony X, carica di pathos creato dalle mani magiche di Pinnella. Fantastica.
Con “Eve of seduction” esce fuori il lato power metal della band, con un riff che ricorda quelli più cattivi del collega John Petrucci dei Dream Theater.
“The walls of Babylon” inizia con un flebile coro femminile solo per introdurre uno dei pezzi più cattivi e riusciti dell'album.
“Seven” sembra uscito dai lavori di vecchia data della band e ciò non può essere che un bene. Anche qui il power si fa sentire prepotentemente, ma senza mai scadere nel confusionario o nel banale come fanno regolarmente le band del genere.
“The sacrifice” è il secondo pezzo lento che vi prenderà teneramente per mano, accompagnandovi (purtroppo) verso la conclusione di questo capolavoro del prog.
“Revelation (divus pennae ex tragoedia)” è forse l'episodio più completo e riuscito di tutto l'album, confinato per ultimo, come spesso la band ha fatto in passato. Nove minuti e diciassette di musica sublime.
Cercavate una band potente ma non banale e ripetitiva? Ce l'avete sotto al naso: allungate la mano e comprate questo CD ad occhi chiusi. Vi bastano le orecchie.
sabato 14 marzo 2009
Gli Iron Maiden hanno annunciato l'usicta del loro film documentario che seguirà la prima parte di uno dei tour più ambiziosi della storia del rock: il Somewhere back in time, uno dei tour che ha letteralmente sfinito i nostri 6 eroi che sono stati accompagnati in quest' epica impresa dai filmaker della Banger Productions di Toronto Canada. Il film è stato girato in alta definizione e mixato da Kevin Shirley ed il prossimo 21 Aprile sarà proiettato in oltre 2000 cinema digitali con sistema surround 5.1. Il film si propone di raccogliere tutti i momenti più eccitanti del tour, dai momenti trascorsi in aereo (un boeing 757 che conteneva circa 12 tonnellate di materiale tra strumentazione e roba per il palcoscenico) alle tappe del Somewhere back in time tour. Per maggiori informazioni sul film visitate Ironmaiden.com, il sito ufficiale della band.
Per aggiungere una postilla a questo post è bene che sappiate che i nostri 6 sono stati premiati come miglior band britannica ai Brit awards, ma che erano i migliori, lo sapevamo già!

Annata di grandi ritorni, il 2008. Per la gioia dei thrasher di tutto il mondo potrei recensire “Death Magnetic” dei redivivi Metallica, anzi, lo farò, ma solo dopo questa recensione. Perchè il thrash metal, quello vero, quello immortale, passa da questo album imprescindibile.
Era dal 1999 che i fans dei Testament aspettavano un album di inediti, arrivato solo nel 2008 a causa dei problemi di salute del mastodontico frontman Chuck Billy. Ma ne è valsa la pena, oh se ne è valsa la pena!
Undici pezzi di pura adrenalina che vi faranno agitare il capoccione fino a spezzarvi il collo! Addio al sound orientato verso il death, che contraddistinse i loro precedenti lavori, quelli post anni '80, fino al 1999 (anno in cui uscì “The Gathering”, da molti considerato come il vero capolavoro della band). Qui si torna al thrash metal stile Bay Area che fece fuoco e fiamme negli anni '80. Tonnellate di metallo che vi travolgeranno a colpi di riff granitici, cambi di tempo improvvisi e il vocione di mr. Billy.
Un album dalla cattiveria indescrivibile, cattiveria tenuta a freno per un decennio (escludendo l'album di re-registrazioni “First Strike Still Deadly”, valido ma superfluo) e che adesso vi esploderà in faccia fracassandovi i timpani.
Un breve intro (“For the glory of...”) e poi si parte a rotta di collo con “More than meets the eye”, il cui ruffianissimo coro da stadio del ritornello difficilmente vi uscirà dalla testa.
“The evil has landed” parla dell'attacco alle Twin Towers. Bella canzone, tutto il rispetto per le vittime di quel terribile attentato, ma sinceramente credo che solo i Testament e qualche bigotto americano diano ancora la colpa solo ed esclusivamente ai terroristi.
“The formation of damnation” è un turbinio di ossa e sangue che rimarrà in eterno nell'olimpo del thrash metal.
“Dangers of the faithless” a mio parere è l'unico pezzo con (relativamente) poco mordente dell'album.
Seguono altri quattro capolavori: “The persecuted won't forget”, “Henchmen ride” (PEZZONE!), “Killing season” e “Afterlife”, dedicata al defunto padre di Chuck Billy.
“F.E.A.R.”, ovvero “False Evidence Appearing Real”, apre le ultime battute di un album indimenticabile, chiuso dalla evitabilissima “Leave me forever”, unico vero passo falso dell'intera opera.
E se non vi fa male il collo vuol dire che siete sordi, perchè è impossibile non scapocciare di fronte a questo grande ritorno.

E' un bel periodo per quel rock sanguigno che ormai sembrava confinato agli anni '70-'80. Negli ultimi anni si è vista una ripresa del rock duro e puro, del rock vero. A testimonianza di queste belle parole, recensiamo uno degli album che mi ha colpito di più degli ultimi anni: “Runnin' Wild” degli australiani Airbourne. Ormai universalmente riconosciuti come gli eredi degli AC/DC, questi quattro ragazzacci ci deliziano con dodici pezzi impareggiabili, contraddistinti da una carica pazzesca e da una freschezza compositiva non indifferente: dopo aver premuto il tasto “play”, difficilmente riuscirete a spezzare l'ascolto. Quest album (targato 2007, anche se in Australia è uscito nel 2006) è come una bottiglia di whiskey: non si sorseggia, si butta giù tutta d'un fiato!

Partiamo con “Stand up for rock 'n' roll”. Già dall'intro vi troverete rapiti dalle grinfie metalliche dell'album. Un riff memorabile basato sulla semplice ma sempre accattivante ritmica grancassa-rullante e poi si parte. “Forget about the neighbours, let 'em cry all night”. Devo aggiungere altro?

Segue la title track, a mio parere il pezzo più riuscito dell'intero LP. Ne è stato fatto anche un video in cui compare anche il mitico Lemmy dei Motorhead. Ancora capolavoro.

E' la volta di “Too much, too young, too fast”, blasonata (a ragione) traccia che appare anche in diversi videogiochi, fra cui “Guitar Hero: World Tour”.

“Diamond in the rough” è il secondo singolo estratto dall'album, ma ormai mi sembra di avervi fatto capire che ogni canzone qui dentro potrebbe esserlo.

E poi giù in una corsa verso l'inferno con “Fat City”, “Blackjack”, “What's eating you”, “Girls in black”, “Cheap Wine”, “Heartbreaker” e infine “Hellfire” (eccolo, l'inferno).

I più fortunati che possiedono l'edizione australiana godranno anche della magnifica “Let's ride”.

Cloni degli AC/DC? Canzoni tutte uguali? Poca varietà? Chi se ne frega (come hanno più volte dichiarato gli stessi Airbourne, fieri di essere paragonati alla storica band di Angus Young). Avete fra le mani un ottimo disco come non se ne vedevano da secoli. E poi gli AC/DC iniziano a perdere smalto, ben venga il passaggio di testimone a questi quattro buzzurri bevitori di birra.

Alzate il volume al massimo: il rock è tornato.



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