domenica 15 marzo 2009

Dopo ben cinque anni di assenza dalle scene tornano i mai troppo lodati Symphony X con l'album “Paradise Lost”. Una carriera costellata di grandissimi album che purtroppo non sono bastati per portare la luce dei riflettori su questa fantastica band. Superati, per il momento, i problemi di salute del bassista Michael Lepond (morbo di Crohn, una malattia infiammatoria cronica dell'apparato digerente), i Symphony X ci regalano un album di progressive power metal melodico che regge senza difficoltà il confronto con i vecchi classici (su tutti “The Divine Wings Of Tragedy” del 1997). Che il chitarrista Michael Romeo fosse un genio lo si sapeva, ma stavolta ha superato addirittura ogni rosea aspettativa nelle sue composizioni. La voce di Russell Allen sembra migliorare col passare degli anni, mentre Lepond, Michael Pinnella (tastiere) e Jason Rullo (batteria) restano come sempre impeccabili nelle loro esecuzioni.
“Oculus ex Inferni” apre le danze con i suoi versi in latino e i suoi cori evocativi della mitologia che tanto amiamo.
“Set the world on fire” parte in sordina per diventare uno tsunami di metallo che non mancherà di travolgervi.
“Domination” inizia con un riff di basso stupendo cui segue una batteria allucinante ed un riff allucinato, forse uno dei migliori mai partoriti dalla band (che col passare degli anni irrobustisce sempre di più il suo sound, senza mai scadere nel banale).
“The serpent's kiss” decreta la cacciata dal paradiso con un altro riff indimenticabile ma con una struttura più lenta e ragionata.
“Paradise lost” è la classica traccia 'lenta' alla Symphony X, carica di pathos creato dalle mani magiche di Pinnella. Fantastica.
Con “Eve of seduction” esce fuori il lato power metal della band, con un riff che ricorda quelli più cattivi del collega John Petrucci dei Dream Theater.
“The walls of Babylon” inizia con un flebile coro femminile solo per introdurre uno dei pezzi più cattivi e riusciti dell'album.
“Seven” sembra uscito dai lavori di vecchia data della band e ciò non può essere che un bene. Anche qui il power si fa sentire prepotentemente, ma senza mai scadere nel confusionario o nel banale come fanno regolarmente le band del genere.
“The sacrifice” è il secondo pezzo lento che vi prenderà teneramente per mano, accompagnandovi (purtroppo) verso la conclusione di questo capolavoro del prog.
“Revelation (divus pennae ex tragoedia)” è forse l'episodio più completo e riuscito di tutto l'album, confinato per ultimo, come spesso la band ha fatto in passato. Nove minuti e diciassette di musica sublime.
Cercavate una band potente ma non banale e ripetitiva? Ce l'avete sotto al naso: allungate la mano e comprate questo CD ad occhi chiusi. Vi bastano le orecchie.

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