sabato 14 marzo 2009

Annata di grandi ritorni, il 2008. Per la gioia dei thrasher di tutto il mondo potrei recensire “Death Magnetic” dei redivivi Metallica, anzi, lo farò, ma solo dopo questa recensione. Perchè il thrash metal, quello vero, quello immortale, passa da questo album imprescindibile.
Era dal 1999 che i fans dei Testament aspettavano un album di inediti, arrivato solo nel 2008 a causa dei problemi di salute del mastodontico frontman Chuck Billy. Ma ne è valsa la pena, oh se ne è valsa la pena!
Undici pezzi di pura adrenalina che vi faranno agitare il capoccione fino a spezzarvi il collo! Addio al sound orientato verso il death, che contraddistinse i loro precedenti lavori, quelli post anni '80, fino al 1999 (anno in cui uscì “The Gathering”, da molti considerato come il vero capolavoro della band). Qui si torna al thrash metal stile Bay Area che fece fuoco e fiamme negli anni '80. Tonnellate di metallo che vi travolgeranno a colpi di riff granitici, cambi di tempo improvvisi e il vocione di mr. Billy.
Un album dalla cattiveria indescrivibile, cattiveria tenuta a freno per un decennio (escludendo l'album di re-registrazioni “First Strike Still Deadly”, valido ma superfluo) e che adesso vi esploderà in faccia fracassandovi i timpani.
Un breve intro (“For the glory of...”) e poi si parte a rotta di collo con “More than meets the eye”, il cui ruffianissimo coro da stadio del ritornello difficilmente vi uscirà dalla testa.
“The evil has landed” parla dell'attacco alle Twin Towers. Bella canzone, tutto il rispetto per le vittime di quel terribile attentato, ma sinceramente credo che solo i Testament e qualche bigotto americano diano ancora la colpa solo ed esclusivamente ai terroristi.
“The formation of damnation” è un turbinio di ossa e sangue che rimarrà in eterno nell'olimpo del thrash metal.
“Dangers of the faithless” a mio parere è l'unico pezzo con (relativamente) poco mordente dell'album.
Seguono altri quattro capolavori: “The persecuted won't forget”, “Henchmen ride” (PEZZONE!), “Killing season” e “Afterlife”, dedicata al defunto padre di Chuck Billy.
“F.E.A.R.”, ovvero “False Evidence Appearing Real”, apre le ultime battute di un album indimenticabile, chiuso dalla evitabilissima “Leave me forever”, unico vero passo falso dell'intera opera.
E se non vi fa male il collo vuol dire che siete sordi, perchè è impossibile non scapocciare di fronte a questo grande ritorno.

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