lunedì 23 novembre 2009

Proseguiamo ad analizzare le origini dei W.E.T. analizzando la "E.". E' la volta degli Eclipse, svedesi come i Work Of Art e come loro sotto contratto con la Frontiers. Stavolta però il sound preso in esame è decisamente più duro e diretto: scordatevi Journey e Toto, stavolta le prime cose che vengono alla mente sono Bon Jovi, Europe, Whitesnake, insomma tutto l'hard rock più duro e diretto.
Erik Martensson (voce, chitarra, basso e tastiere! Poi anche nei W.E.T.), Magnus Enriksson (chitarra), Johan Berlin (tastiere) e Robert Back (batteria) esordiscono nel 2001 con l'autoprodotto e direttissimo "The Truth And A Little More", vengono notati dalla Frontiers che li mette sotto contratto e gli fa pubblicare "Second To None" nel 2004, che però si rivela di minore levatura pur essendo un album gradevole.
Nel 2008 arriva "Are You Ready To Rock". Cazzo se sono pronto! Con un album del genere, poi! Rispetto al lavoro precedente si preferisce schiacciare l'acceleratore piuttosto che puntare esclusivamente sulla melodia, e come risultato si hanno undici canzoni semplicemente da pazzi! Davvero, si potrebbe estrarre un singolo con ogniuna di esse! Martensson ha una voce spettacolare, capace di regalare sempre la sensazione giusta al momento giusto come solo i grandi cantanti sanno fare, Enriksson ci dà dentro come un pazzo, Back picchia sodo e Berlin vi avvolgerà con i suoi tappeti melodici.
"Breaking My Heart Again" è semplicemente da orgasmo. Riffone hard rock degno dei migliori anni ottanta, assolone e chiusura collegata con la martellante "Hometown Coming", secondo spettacolare episodio a base di grandi cori, ritornello strapa orecchie e di nuovo un riff bruciante. Solo spot carico di adrenalina in cui Enriksson ricorda molto Malmsteen, ma per fortuna risulta meno orpelloso.
"To Mend A Broken Heart" porta subito alla mente gli Europe, pur discostandosene con un riff decisamente granitico che fa esplodere la sua carica in un ritornello fantastico studiato per i concerti.
"Wylde One" è un'esplosione di adrenalina a duecento all'ora di quelle che ti fanno scapocciare dal primo all'ultimo secondo. Mi è venuta anche voglia di birra! Mentre la vado a stappare parte "Under The Gun" (e basta con questo titolo! Oramai è inflazionato!), incipit classicheggiante simil vinile e deflagrazione devastante che prorompe nel riff più malmsteeniano dell'album. Una cavalcata epica condita da un ritornello epico e farcita di assoli molto vecchio stile.
Groove a manetta e chitarrone heavy per "Unbreakable", molto più melodica rispetto alle canzoni precedenti. Un gradito rallentamento che permette di riorganizzare le idee, anche se come risultato complessivo ci siamo a metà.
Si riparte in picchiata al ritmo forsennato di "Hard Time Loving You", che non dà nemmeno il tempo di respirare tanto è serrata e compatta. Da notare l'assolo 'impazzito' che richiama alla mente la N.W.O.B.H.M. con le sue twin guitars che si inseguono e si intrecciano.
Colpi d'arma da fuoco ci introducono a "Young Guns", movimentata e dalle atmosfere a metà fra Europe e il Malmsteen di "Eclipse", ma con un riffing decisamente più moderno. Il ritornello ricorda anche band come Danger Danger, giusto per chiarire di che tipo di sound stiamo parlando. Confusi, eh? Come sono perfido.
"Million Miles Away" torna sul classico hard rock melodico, rivelandosi trascinante ed ispiratissima, uno degli episodi migliori dell'album, così come la bellissima "2 Souls" col suo riff semplicemente magnifico e il suo ritornello realizzato ad arte.
Si chiude il sipario con "Call Of The Wild", pezzo che vanta il riff d'apertura più geniale di tutto il disco e riesce ad esaltare l'ascoltatore fino all'ultimo millesimo di secondo.
Ora sì che si inizia a capire da dove è uscito "W.E.T."! Alla prossima per la recensione dell'ultima lettera dell'acronimo con i Talisman!

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