domenica 22 novembre 2009

Ennesimo supergruppo nell'esercito della Frontiers, i W.E.T. sono composti da Robert Sall, chitarrista dei Work Of Art (ovvero la "W." del nome), Erik Martensson, bassista degli Eclipse (la "E.") e niente di meno che Jeff Scott Soto, che ha prestato la voce a innumerevoli artisti (Journey, Panther, Trans Syberian Orchestra, Takara, Human Clay, Axel Rudi Pell, Humanimal, Yngwie Malmsteen, Eyes,...) e ultimamente milita nei Talisman (la "T.").
Questo primo lavoro dei W.E.T. si rivela la sorpresa dell'anno, uno di quei dischi che non ti aspetti e che ti stendono sin dal primo ascolto. Certo, troverete sempre in giro i soliti criticoni che volevano di più, che se la prendono con l'eccessiva modernità del sound, che boicottano i W.E.T. per il solo status di super gruppo.
Lasciateli perdere, "W.E.T." è un disco di hard rock melodico classico, ma ovviamente aggiornato agli standard odierni per quanto riguarda il sound e la produzione. L'esecuzione tecnica è superba, ma la tecnica è asservita totalmente al songwriting senza mai scadere in sbrodolamenti solisti. I W.E.T. sono una band, e il fatto di essere composti da tre forti individualità non pregiudica il risultato finale, che ne esce fuori compatto ed omogeneo.
"E' il disco che avrei realizzato coi Journey se fossi rimasto con loro", questa dichiarazione di Soto riassume benissimo quello che ho cercato finora di spiegare con mille parole.
E' incredibile come un progetto nato in sordina e quasi per scherzo si sia rivelato la pietra miliare dell'A.O.R. di annata 2009.
Lasciatevi rapire dalla classe della copertina e schiacciate play, basteranno i primi tre pezzi per farvi capire il valore di questo album, altrimenti, se siete dei pignoli come il sottoscritto, siete avvertiti: non fermatevi al primo ascolto superficiale, la bellezza del disco vi apparirà in tutta la sua maestosità dal terzo in poi. Non che il disco sia difficile da comprendere, ma le sfaccettature del progetto sono molte. Analizziamole assieme.
"Invincible" è impossibile da non cantare a squarciagola, con la sua stesura ritmica non indifferente e la sua componente sinfonica che contribuisce a trascinare l'ascoltatore in un vortice la cui ciliegina sulla torta è l'assolo tanto semplice quanto raffinato, dalle tinte quasi classicheggianti. A proposito, ma da quanto tempo Soto non cantava così bene? Bentornato Jeff!
Segue il singolone "One Love" che, non vi preoccupate, non è una cover né degli U2 né dei Blue, ma una ballad semiacustica semplicemente travolgente che sa moltissimo di Journey. Una delle canzoni più belle mai cantate da Soto. Il ritornello è semplice semplice, ma dalla presa immediata.
"Brothers In Arms" ha un riff originale e un chorus fantastico che candidano la canzone alla palma di migliore episodio dell'album. Movimentata e d'atmosfera, insomma semplicemente perfetta.
Finita la tripletta bruciante di partenza, segue "Comes Down Like Rain", power ballad che permette di riprendere fiato con il suo ampio respiro e le sue atmosfere ovattate che solo nel ritornello cedono il passo a un'esplosione di sentimento da veri maestri.
"Running From The Heartache" è l'ideale fusione di Journey e Talisman. Ancora una volta atmosfera a palla di quelle che basta chiudere gli occhi per immaginarsi sul palco a cantare davanti a migliaia di persone. Non fatelo in macchina, potrebbe essere pericoloso.
Spettacolare anche "I'll Be There", nella quale si aumentano i ritmi ottenendo un pezzo che avrebbe fatto invidia ai migliori Danger Danger!
Per non parlare di "Damage Is Done"! Chitarre heavy e delicatissimo pianoforte vi introdurranno a un bridge cadenzato e a un chorus molto Europe. Pazzesco, siamo alla settima canzone e non c'è nemmeno l'ombra di una battuta di arresto! Non c'è una nota fuori posto, non c'è una canzone che non coinvolge o che non trascina!
Infatti si procede con la scoppiettante "Put Your Money Where Your Mouth Is", che ci mostra un Soto finalmente un po' più "incazzato" che ci accompagnerà nella traccia più classicamente hard rock di tutto il disco.
"One Day At A Time" è anch'essa una power ballad da far drizzare i peli, stavolta dal sapore molto Gotthard, per capirci. Tenete a portata di mano la morosa/il moroso o, se siete al concerto, glli accendini. Sconsigliatissima a chi si è appena lasciato con il fidanzato/la fidanzata.
Si torna a macinare hard rock con la bellissima "Just Go", sinfonica ed epica col suo riff a metà strada fra il primo Malmsteen e, ancora una volta, i Journey, ma con tanta energia in più.
"My Everything" vi scioglierà con le sue linee melodiche incantevoli e con l'incredibile prestazione di Soto. Se fosse uscita una trentina di anni fa probabilmente oggi sarebbe un classico che ha scalato le classifiche di tutto il mondo.
Chiusura affidata alla power ballad "If I Fall", di chiara matrice Journey sin dalle prime note. Diciamo che la dichiarazione di Soto citata prima era azzeccatissima.
Nemmeno una canzone brutta. Finalmente un 'appetite' (per chi non capisse, andatevi a leggere le prime righe della recensione di "Chinese Democracy" dei Guns N' Roses, pubblicata in maggio 2009).
Miglior disco del 2009? Forse. Miglior disco hard rock/A.O.R. del 2009? Sicuramente.
Fiondatevi a comprarlo, prima che finisca.

0 commenti:

Posta un commento