mercoledì 21 ottobre 2009

La Svizzera è neutrale? Non nel rock! I Gotthard sono uno dei gruppi più importanti dell'hard rock moderno e ce lo hanno dimostrato più di una volta con album spettacolari (fra tutti "Gotthard" del 1992, "Dial Hard" del 1994, "G." del 1995 e soprattutto l'incredibile "Lipservice" del 2005).
Ci avevano lasciati leggermente perplessi col cupo "Domino Effect" (2007), da alcuni ritenuto un capolavoro, da altri un passo indietro che riportava i Gotthard al periodo di transizione pre-Lipservice.
Tornano oggi con "Need To Believe", album altalenante ma di miglior fattura rispetto al precedente.
"Shangri La" apre le danze con un riff orientaleggiante. Steve Lee (voce) ricorda molto lo Stephen Tyler di "Nine Lives" (Aerosmith, 1997), ma lo fa in uno stile tipicamente Gotthard. Il chorus è di quelli acchiappanti che hanno fatto la fortuna della band. Leo Leoni (chitarra) stupisce con un assolo tanto semplice quanto originale.
"Unspoken Words" porta l'ascoltature in atmosfere più cupe e cattive che sfociano in un ritornello classico e sinceramente strasentito. Peccato.
Il primo singolo "Need To Believe" è la classica semi ballad made in Gotthard, che però ancora una volta stenta a rapire l'ascoltatore, complici un riff poco ispirato e un ritornello con poco mordente.
Si cambia atmosfera con "Unconditional Faith", che finirà nella colonna sonora del film del regista Uwe Boll sul pugile tedesco Max Schmeling. Stavolta il pezzo è decisamente azzeccato! Cori strappaorecchie e gran feeling con uno Steve Lee che dà il meglio di sé.
Finalmente il pezzo rock che tutti aspettavamo! "I Don't Mind" non sarà un capolavoro di originalità, ma è fottutamente pazzesco. Vi sfido a non scapocciare al ritmo della cassa martellante. Scontata? Già sentita? I don't mind!
La semiacustica "Break Away" è una ballad di buona fattura che però difficilmente riuscirà ad offuscare alcuni capolavori del passato come ad esempio "I've seen an angel cry" (da Lipservice).
"Don't Let Me Down" è una ballad decisamente evitabile, visto che di pezzi come questo i Gotthard ne hanno scritti a palate.
Si torna su ottimi livelli con la movimentata "Right From Wrong". Feeling cattivo e ritornello che si impianta in testa sin dal primo ascolto.
"I Know, You Know" parte lenta e rilassata per poi spiazzarti quando meno te lo aspetti, trasformandosi in un ottimo hard rock cadenzato caratterizzato da un chorus decisamente particolare. Bell'assolo, Leo!
Pesantezza quasi metallica, basso strisciante, doppia cassa e ottimo ritornello con "Rebel Soul", uno dei pezzi migliori dell'album!
Addirittura orchestrazioni (se sono campionature sono fatte molto bene) in apertura per "Tears To Cry", ballad carica di pathos, ma ancora una volta poco catturante.
La bonus track "Ain't Enough", in chiusura, è ironicamente uno dei pezzi migliori. Bella cazzuta!
In definitiva un album decisamente superiore a "Domino Effect", ma purtroppo molto lontano dai fasti di "Lipservice". Intendiamoci, ottimo hard rock di matrice europea e decisamente superiore alla media, purtroppo però si sa che dopo aver scritto un capolavoro i fans diventano molto più esigenti.
Se ne consiglia comunque l'acquisto senza pensarci due volte, non lasciatevi scoraggiare dalla orrida copertina!

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