domenica 25 ottobre 2009

Inarrestabile Blackie Lawless, che dopo quindici anni di carriera e quattordici studio album, riesce ancora a produrre musica di qualità.
Sì, perché questo "Babylon", album che ruota sulla figura dei quattro cavalieri dell'apocalisse, è il degno successore dell'incredibile "Dominator" del 2007, che fece saltare i fan, ma soprattutto gli scettici, sulle loro sedie.
Dopo un lungo periodo in cui l'ispirazione sembrava avergli voltato le spalle (più o meno da "Still Not Black Enough" del 1995 a "The Neon God, Part 2: The Demise" del 2004) il caro vecchio Blackie, fondatore, leader, cantante e chitarrista dei W.A.S.P., sembra essere tornato per dimostrarci che il suo tempo è ancora lungi dall'essere concluso.
"Babylon" è un lavoro fresco, magari non originalissimo, ma è esattamente quello che ogni fan dei W.A.S.P. può desiderare. Sulla falsariga di "Dominator", Blackie ci propone sette nuove canzoni da urlo, più due cover (maledetto viziaccio delle cover! Ne sono veramente necessarie ben due in un disco con sole sette nuove canzoni?!), che richiamano alla mente quel periodo d'oro della band in cui sfornava capolavori come "The Headless Children" (1989) o il fantastico concept "The Crimson Idol" (1992).
Si parte subito in quarta con l'ispirata "Crazy", in cui il trascinante chorus la fa da padrone, in una hard rock song riuscitissima.
"Live To Die Another Day" è classicamente W.A.S.P.: riff diretto e ritornello strappaorecchie, da cantare in una decappottabile lanciata sulla route 66. Fantastica. Indistinguibile lo stile delle percussioni W.A.S.P.
Epicità è la parola d'ordine di quella cavalcata metallica che risponde al nome di "Babylon's Burning", probabilmente il pezzo migliore dell'album, perfetto dalla prima all'ultima nota e condito da un assolo fantastico.
Segue la prima delle due cover, ovvero "Burn" (originariamente registrata per l'album "Dominator", ma poi esclusa): bella carica, ma di certo per merito esclusivo dei Deep Purple. Molto meglio l'originale.
"Into The Fire" è un mid tempo che vorrebbe risultare evocativo, ma risulta un po' spento a causa della banalità della sua struttura.
Altissimi livelli invece per "Thunder Red", un assalto frontale a base di rock sanguigno e sessuale, dritto in faccia. Fantastica e casinista!
Provate a tuffarvi nei "Seas Of Fire", se ne avete il coraggio. La vostra colonna sonora sarebbe questa grande canzone, stavolta più tendente al metal che al rock, in un crescendo di pathos che culmina in un solo spot stupefacente e in un bridge finale cattivissimo.
L'ultimo pezzo originale è la pazzesca ballad elettrica "Godless Run", veramente da brividi. Da ascoltare a palla soprattutto per i suoi super assoli che riportano alla mente quelle monster ballad di fine anni '80, inizio '90, che ci emozionano ancora oggi.
Si chiude con "Promised Land", cover di Chuck Berry incattivita dai W.A.S.P. fino a renderla quasi irriconoscibile. Evoluzione o cover evitabile? A voi l'ardua sentenza.
Un ottimo album in pieno stile W.A.S.P., che contiene tutti gli ingredienti per essere apprezzato anche in sede live e con l'unica pecca delle cover-riempitivo, chiaro espediente per coprire lo scarso numero di inediti.
I W.A.S.P. saranno il 23 Novembre all'Estragon di Bologna e il 24 Novembre all'Alcatraz di Milano: visti gli ultimi due esplosivi lavori e considerando la spettacolare teatralità dalle tinte horror dei loro spettacoli, fateci un pensierino!

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